Il distributore alimentare, attore attivo e pro-attivo
Le responsabilità delle figure intermediarie vengono spesso sottovalutate quando si parla di trasparenza. La tendenza è di concentrarsi sul soggetto che sta all’inizio della filiera, ovvero su chi appone l’etichetta: il produttore.
Fungere da ponte tra produttore e utilizzatore/consumatore non rende esenti dagli obblighi di trasparenza alimentare. Essere un intermediario nella catena conferisce una doppia responsabilità.
“Negli ultimi anni abbiamo assistito a un significativo cambio di rotta sull’informazione al consumatore o utilizzatore finale.” – parla Carmelo Nigro, titolare di Nigro Catering e Presidente del gruppo Cateringross.
“Oggi si ambisce a fornire quante più informazioni possibili in merito ad un prodotto, si parla della sua origine, si dichiara la shelf-life, si scende nel dettaglio tecnico anche sulla composizione chimica e sui valori nutrizionali. Sembrano parametri e indicatori ormai ovvi, ma non dobbiamo dimenticarci che sono tutti traguardi importanti raggiunti in una storia piuttosto recente. E, soprattutto, dobbiamo essere consapevoli che molte attività ancora non si sono allineate”.
L’origine di questo movimento è stata la variazione dei principi che governano la domanda, come suggerisce lo stesso Carmelo.
“Sono mutate le sensibilità e le esigenze d’informazione del consumatore finale, quindi le scelte d’acquisto non sono più influenzate solo da logiche legate al prezzo ma guardano a un attributo fondamentale: la qualità del prodotto. La qualità degli alimenti (e delle bevande) è uno dei bilancieri più importanti in fase di scelta. Il concetto di qualità, però, è estremamente complesso e sfaccettato; quando si parla di qualità si tira in ballo la salubrità, la complessità organolettica, l’etica di produzione e molto altro. È quindi articolato anche il parterre di referenze da cui possiamo attingere per allestire i nostri assortimenti ed è molto complicato riuscire a veicolare la qualità di ciascuno di essi. Lo strumento più utile e funzionale che abbiamo a disposizione? Senz’altro la corretta informazione. Informando, con chiarezza e trasparenza, possiamo motivare e orientare i nostri clienti. Personalmente considero questa opportunità un onere e un onore: noi distributori siamo sempre più promotori e divulgatori di cultura, di conoscenza. Non siamo trasportatori, grossisti, tantomeno intermediari passivi di catene lunghe e arzigogolate!”.
Piccolo non è sinonimo di trasparente
È più semplice essere trasparente per una piccola azienda o per una grande azienda? Anche su questo si esprime Carmelo Nigro.
“Il settore del food&beverage è composto da aziende di varie dimensioni. Molti consumatori erroneamente sono convinti che piccolo produttore sia sinonimo di alimento sano, buono, sicuro. Dobbiamo invece considerare che più ampia é un’azienda, più risorse si presuppone ci siano per ciascun reparto, più precisi (teoricamente) sono gli strumenti che definiscono le informazioni presenti in etichetta. Pensiamo all’analisi microbiologica e nutrizionale dei prodotti, all’aggiornamento costante degli operatori, anche per quel che riguarda le leggi e le normative sulla sicurezza. Le aziende di grandi dimensioni hanno, tendenzialmente, un controllo spiccato su tutti questi fronti. Nonostante ciò, e nonostante la valenza della trasparenza oggi, stiamo registrando una forte spinta all’acquisto da piccole aziende, soprattutto locali. È una tendenza positiva, che noi sosteniamo perché valorizza il territorio e le realtà artigianali, ma è necessario che anche queste attività soddisfino i requisiti di corretta informazione. Il piccolo produttore non si deve sentire assolto da alcun obbligo solo perché produce con pratiche artigianali o coltiva pochi ettari, o ancora ha un allevamento numericamente contenuto. Deve giustificare il prezzo (che generalmente è alto) dei suoi prodotti con quante più informazioni possibili, non far leva solo sui fattori di artigianalità, prossimità geografica (pensiamo per esempio al km 0) o alle piccole dimensioni dell’azienda”.